venerdì 19 maggio 2017

Padre Nostro - Pater Noster

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.

Amen.


Originale greco:

Πάτερ ἡμῶν ὁ ἐν τοῖς οὐρανοῖς
ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου·
ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου·
γενηθήτω τὸ θέλημά σου,
ὡς ἐν οὐρανῷ καὶ ἐπὶ τῆς γῆς·
τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δὸς ἡμῖν σήμερον·
καὶ ἄφες ἡμῖν τὰ ὀφειλήματα ἡμῶν,
ὡς καὶ ἡμεῖς ἀφίεμεν τοῖς ὀφειλέταις ἡμῶν·
καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν,
ἀλλὰ ῥῦσαι ἡμᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ.
[Ὅτι σοῦ ἐστιν ἡ βασιλεία καὶ ἡ δύναμις καὶ ἡ δόξα εἰς τοὺς αἰῶνας·]
ἀμήν.

Traslitterazione:

Pater hēmōn, ho en tois ouranois
hagiasthētō to onoma sou;
elthetō hē basileia sou;
genethetō to thelēma sou,
hōs en ouranō, kai epi tēs gēs;
ton arton hēmōn ton epiousion dos hēmin sēmeron;
kai aphes hēmin ta opheilēmata hēmōn,
hōs kai hēmeis aphiemen tois opheiletais hēmōn;
kai mē eisenenkēs hēmas eis peirasmon,
alla rhusai hēmas apo tou ponērou.
[Hoti sou estin hē basileia, kai hē dynamis, kai hē doxa eis tous aiōnas;]
Amēn.


Traduzione latina (Vulgata):

Pater Noster qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua,
sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum
da nobis hodie;
et dimítte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus
debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.
Amen.

Da Wikipedia:

- Pane quotidiano: Il termine greco epiousion rimaneva, già per Origene, di dubbia interpretazione. Esso potrebbe essere tradotto letteralmente "supersostanziale" ("al di sopra della ousìa", dell'essenza), ma anche più semplicemente potrebbe significare "quotidiano" (la razione che sta sopra il piatto di ogni giorno). Da questa ambiguità del testo greco originale derivano le differenti traduzioni della parola nelle diverse lingue moderne. 

- Rimetti a noi i nostri debiti (pronunciato da Gesù Cristo): Siccome la preghiera chiede il perdono dei peccati, alcuni si sono chiesti se Gesù l'avesse proposta per sé stesso o per i suoi discepoli. Nel primo caso parrebbe in contrasto con il dogma della impeccabilità di Gesù, e quindi tradizionalmente l'espressione è stata interpretata come una richiesta formulata per i discepoli. Non ci indurre (inducas) in tentazione: Le traduzioni nelle varie lingue moderne non sempre rendono al meglio il significato originale di questa richiesta; in particolare la parola italiana "indurre" è un calco fedele del latino inducas, a sua volta traduzione del greco. La frase probabilmente va interpretata come: «Non permettere che cadiamo quando siamo tentati»: la preghiera chiederebbe dunque la forza necessaria per vincere la tentazione, piuttosto che di essere esentati dalla prova che, oltre tutto, giungerebbe da Dio stesso. Tuttavia il latino in-ducas e il greco eis-enenkes riflettono anche un aspetto peculiare della teologia biblica, in cui l'affermazione della unicità di Dio e della sua azione nel mondo porta alla drammatica consapevolezza che sia Dio stesso a "condurre" il credente "dentro nella prova" (come è narrato, per esempio, nel Libro di Giobbe). La versione presente nel lezionario pubblicato nel dicembre 2007 dalla Conferenza Episcopale Italiana, ispirandosi a quello che poteva essere un originale aramaico, propone la traduzione «non abbandonarci alla tentazione»[4]. Alcuni vangeli apocrifi[senza fonte] hanno un'altra forma per la frase in questione, argomentando implicitamente che Dio non può tentare i suoi fedeli. 

- Liberaci dal male: Sia il latino malo (ablativo), sia il greco ponerou (genitivo), non permettono di distinguere se si tratti di un sostantivo neutro (che si riferisca al "male" come concetto astratto) o maschile (il "maligno", cioè il tentatore, il diavolo, Satana). Entrambe le interpretazioni rimangono, dunque, legittime.


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