giovedì 19 novembre 2015

God rest ye merry, gentlemen



God rest ye merry, gentlemen,
Let nothing you dismay
Remember Christ our Saviour
Was born on Christmas Day
To save us all from Satan's power
When we were gone astray.
O tidings of comfort and joy,
Comfort and joy
O tidings of comfort and joy!

"Fear not," then said the angel
"Let nothing you affright
This day is born a saviour
Of a pure virgin bright
To free all those who trust in him
From Satan's pow'r and might"
O tidings of comfort and joy,
Comfort and joy
O tidings of comfort and joy!

The shepherds at those tidings
Rejoiced much in mind,
And left their flocks a-feeding
In tempest, storm and wind
And went to Bethlehem straightaway
This blessed babe to find
O tidings of comfort and joy,
Comfort and joy
O tidings of comfort and joy!

But when to Bethlehem they came
Whereat this infant lay
They found him in a manger
Where oxen feed on hay
His mother Mary kneeling
Unto the Lord did pray
O tidings of comfort and joy,
Comfort and joy
O tidings of comfort and joy!

Now to the Lord sing praises
All you within this place
And with true love and brotherhood
Each other now embrace
This holy tide of Christmas
All others doth deface
O tidings of comfort and joy,
Comfort and joy
O tidings of comfort and joy!
Dio ti conceda un riposo sereno, gentiluomo
E non permetta a nulla di farti sgomento
Ricorda che Cristo il nostro Salvatore
Nacque il giorno di Natale
Per salvare noi tutti dal potere di Satana
Quando avevamo smarrito la retta via
Oh, novella di conforto e gioia
Conforto e gioia
Oh, novella di conforto e gioia

"Non abbiate timore" disse l'angelo
"Non lasciate che nulla vi spaventi
Quest'oggi è nato il Salvatore
Dal seno di una vergine pura
A liberare tutti coloro che credono in Lui
Dal potere e dalla forza di Satana"
Oh, novella di conforto e gioia
Conforto e gioia
Oh, novella di conforto e gioia

I pastori a questi racconti
Gioirono molto nei loro cuori
E trascurarono di pascolare le loro greggi
Nella tempesta, nel temporale e nel vento
E si diressero a Betlemme
A trovare questo bambino benedetto
Oh, novella di conforto e gioia
Conforto e gioia
Oh, novella di conforto e gioia

Ma quando giunsero a Betlemme
Dove giaceva l'infante
Loro lo trovarono in una mangiatoia
Dal quale mangiavano il fieno i buoi
Sua madre Maria inginocchiata
Verso il Signore pregava
Oh, novella di conforto e gioia
Conforto e gioia
Oh, novella di conforto e gioia

Ora il Signore inneggiate
Tutti voi in questo luogo
E con vero amore e senso di fratellanza
Abbracciamoci l'un l'altro
Questo santo periodo del Natale
Mette a tacere tutti gli altri
Oh, novella di conforto e gioia
Conforto e gioia
Oh, novella di conforto e gioia

lunedì 26 ottobre 2015

La forza dei simboli - Il Pastorale

Il pastorale (o vincastro) è una sorta di bastone, dall'estremità ricurva e spesso riccamente decorata, usato dal vescovo nei pontificali e nelle cerimonie più solenni.

È in uso presso varie chiese cristiane a ordinamento episcopale, tra cui la Chiesa cattolica, l'ortodossa, l'anglicana e la luterana.

A imitazione di quello usato dai pastori veri, il bastone simboleggia chiaramente e visibilmente la funzione di cura della fede e della morale che l'ufficio episcopale ha sopra la porzione di popolo cristiano a lui affidata, e rimanda direttamente al Vangelo secondo Giovanni nel quale Cristo si autodefinisce "Buon Pastore".

Secondo Sant'Ambrogio, il bastone pastorale deve essere al fondo appuntito per spronare i pigri, nel mezzo diritto per condurre i deboli, in alto ricurvo per radunare gli smarriti.

Nell'antichità il pastorale venne usato dai Faraoni (Hekat) per simboleggiare il potere della sovranità. Era considerato sacro e ad uso esclusivo del Faraone o di alti ufficiali.


Il pastorale dei vescovi della Chiesa Cattolica deriverebbe propriamente dal vincastro, un bastone costituito da un ramo di salice da vimini (salix viminalis) utilizzato principalmente dal pastore per guidare il gregge, ma anche per allontanare dalle pecore animali come cani randagi o lupi (il salice da vimini è detto anche vinco, da cui vincastro per l'aggiunta del suffisso peggiorativo -astro e in senso esteso vincastro è sinonimo di bastone). Questo bastone è lungo all'incirca come la persona che lo possiede, viene impugnato circa a due terzi della sua altezza in modo da essere comodo per sostenere parte del peso durante il cammino e reca sulla sommità superiore una sorta di ricciolo ricurvo tipicamente utilizzato per portare alcuni piccoli sacchi per il viaggio. Talvolta può essere di legno di olivo, ma è meno utilizzato a causa del maggior peso e minore praticità d'uso.

lunedì 19 ottobre 2015

L'importanza dei riti

Da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry


In quel momento apparve la volpe.
"Buon giorno", disse la volpe.
"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..."
"Chi sei?" domando' il piccolo principe, "sei molto carino..."
"Sono una volpe", disse la volpe.
"Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..."
"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomestica".
"Ah! scusa", fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
"Che cosa vuol dire «addomesticare»?"
"Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?"
"Cerco gli uomini", disse il piccolo principe.
"Che cosa vuol dire «addomesticare»?"
"Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. E' molto noioso! Allevano anche delle galline. E' il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?"
"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire «addomesticare»?"
"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire «creare dei legami»..."
"Creare dei legami?"
"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io saro' per te unica al mondo".
"Comincio a capire" disse il piccolo principe. "C'e' un fiore... credo che mi abbia addomesticato..."
"E' possibile", disse la volpe. "Capita di tutto sulla Terra..."
"Oh! non e' sulla Terra", disse il piccolo principe.
La volpe sembro' perplessa:
"Su un altro pianeta?"
"Si".

"Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"
"No".
"Questo mi interessa. E delle galline?"
"No".
"Non c'e' niente di perfetto", sospiro' la volpe. Ma la volpe ritorno' alla sua idea:
"La mia vita e' monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio percio'. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sara' illuminata. Conoscero' un rumore di passi che sara' diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi fara' uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiu' in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me e' inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sara' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che e' dorato, mi fara' pensare a te. E amero' il rumore del vento nel grano..."
La volpe tacque e guardo' a lungo il piccolo principe:
"Per favore... addomesticami", disse.
"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, pero'. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".
"Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno piu' tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose gia' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"
"Che cosa bisogna fare?" domando' il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, cosi', nell'erba. Io ti guardero' con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' piu' vicino..."
Il piccolo principe ritorno' l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincero' ad essere felice. Col passare dell'ora aumentera' la mia felicita'. Quando saranno le quattro, incomincero' ad agitarmi e ad inquietarmi; scopriro' il prezzo della felicita'! Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti".
"Che cos'e' un rito?" disse il piccolo principe.
"Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'e' un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi e' un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".
Cosi' il piccolo principe addomestico' la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangero'".
"La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"

"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
Poi soggiunse:
"Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua e' unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalero' un segreto".
Il piccolo principe se ne ando' a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora e' per me unica al mondo".
E le rose erano a disagio.
"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si puo' morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, e' piu' importante di tutte voi, perche' e' lei che ho innaffiata. Perche' e' lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perche' e' lei che ho riparata col paravento. Perche' su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perche' e' lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perche' e' la mia rosa".
E ritorno' dalla volpe.
"Addio", disse.

"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale e' invisibile agli occhi".
"L'essenziale e' invisibile agli occhi", ripete' il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosi' importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurro' il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verita'. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."
"Io sono responsabile della mia rosa..." ripete' il piccolo principe per ricordarselo.

giovedì 8 ottobre 2015

Io credo che l'Uomo sia frutto dell'evoluzione della Natura

Io credo che l'Uomo sia frutto dell'evoluzione della Natura, e che tuttavia la trascenda essendo dotato di Ragione e Consapevolezza. Credo altresì che il motore primo dell'evoluzione della Natura sia la Sapienza di Dio, la quale trascende lo spazio e il tempo.  

mercoledì 30 settembre 2015

L'Incenso

Tratto da "Culmine e Fonte", n.2/2000: L'incenso, di Vittoria Scanu. Sito www.nostreradici.it

«Come incenso salga a Te la mia preghiera» (Sal 140,2)
  L'incenso è una gommoresina odorosa che, bruciando, profuma l'aria, la purifica, la rende gradevole all'olfatto e, nei sacri riti, predispone lo spirito all'incontro con Dio.
  Questa resina preziosa è prodotta da un arbusto che cresce spontaneamente in Asia e in Africa. L'incenso sgorga sotto forma di gocce dalle incisioni che vengono praticate sulle piante che lo producono, e solidifica al contatto con l'aria. La prima secrezione della pianta non ha alcun valore e viene gettata via, la seconda è ritenuta mediocre e, soltanto la terza dà il prezioso incenso, conosciuto fin dall'antichità da popoli di lingue e culture diverse.
  Usato in molte e differenti occasioni, l'incenso è legato ad una ricca simbologia profana e religiosa.
  Alcuni popoli orientali che praticavano il culto dei morti, credevano che il fumo dell'incenso, salendo verso il cielo, guidasse le anime dei defunti nell'al di là.
  Presso i pagani, l'incenso veniva bruciato davanti alle immagini degli dei e davanti all'imperatore ad essi equiparato.
  Nei primi secoli del cristianesimo, numerosi cristiani furono martirizzati per essersi rifiutati di compiere questo gesto idolàtrico. In seguito, per distinguere il culto cristiano da quello pagano, fu soppresso l'uso dell'incenso dalla liturgia e venne ripristinato soltanto dopo l'editto di Costantino e la fine del paganesimo.

Nel Culto d'Israele

  Diamo ora un rapido sguardo alla presenza dell'incenso nella liturgia dell'Antico Testamento, iniziando dalla narrazione biblica in cui Mosè ricevette dal Signore l’ordine di costruire un altare speciale riservato all’incenso e legato al culto divino. 
“Farai un altare sul quale bruciare l’incenso: lo farai di legno di acacia (...). Rivestirai d’oro puro il suo piano, i suoi lati, i suoi corni e gli farai intorno un bordo d’oro (...). Porrai l’altare davanti al velo che nasconde l’arca della Testimonianza, di fronte al coperchio che è sopra la testimonianza, dove io ti darò convegno. Aronne brucerà su di esso l’incenso aromatico: lo brucerà ogni mattina quando riordinerà le lampade e lo brucerà anche al tramonto, quando Aronne riempirà le lampade: incenso perenne davanti al Signore per le vostre generazioni (...). È cosa santissima per il Signore” (Es 30,1-10). 
L’incenso, veniva posto anche sopra le oblazioni bruciate sull’altare come memoriale: “profumo soave per il Signore” (Cfr Lv 2).
   Più tardi, nel Tempio di Gerusalemme, nella ricorrenza annuale della grande Espiazione ( in ebraico: Yom Kippur), il sommo sacerdote, oltrepassava il velo del Tempio ed entrava con l’incensiere nel Santo dei Santi, per bruciarvi “due manciate di incenso odoroso polverizzato”, allora, una nube densa e profumata, avvolgeva ogni parte del luogo santissimo in cui era custodita l’Arca dell’Alleanza (Cfr Lv16,12-13).  
   La resina profumata dell’incenso, era fra i balsami pregiati che componevano l’olio dell’unzione sacra, usato per la consacrazione del santuario, del Sommo Sacerdote Aronne e dei suoi figli (Cfr Es 30,22ss).  In Israele, si incensavano le persone, gli oggetti, e i luoghi riservati al culto del Dio Unico. Tutti coloro che partecipavano al culto divino, erano invitati ad effondere un soave profumo spirituale: “Ascoltate, figli santi...Come incenso spandete un buon profumo” (Sir 39,13-14).

Nel Cristianesimo

  All'inizio del Vangelo di Luca, troviamo una figura straordinaria: il Sacerdote Zaccaria. Egli sta tra l’Antico e il Nuovo Testamento ed ha un ruolo molto importante nella storia della salvezza. Questo sacerdote dell’Antica Alleanza, ha ricevuto un annuncio speciale da parte di Dio mentre “officiava davanti al Signore nel turno della sua classe”. 
  Zaccaria si trovava nel Santo (l’ambiente del Tempio di Gerusalemme che precedeva il Santo dei Santi) per “fare l’offerta dell’incenso. Tutta l’assemblea del popolo pregava fuori nell’ora dell’incenso. Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso” (Lc 1,9-11). 
  Era l’angelo Gabriele che recava al vecchio sacerdote l’annuncio della nascita di Giovanni Battista. Il luogo, l’ora e il compito sacerdotale che Zaccaria si apprestava a svolgere, situano l’annuncio della nascita del Battista in un clima sacro di  preghiera e di offerta spirituale. 
  L’incenso, legato al culto degli Israeliti, sarà più tardi presente, con la sua ricca valenza simbolica, anche nella liturgia cristiana, soprattutto nella Chiesa di oriente.
   Nel Vangelo di Matteo, viene descritto l’omaggio fatto a Gesù da alcuni personaggi misteriosi: i Magi. Costoro, giungendo dalle lontane terre di oriente per incontrare il “re dei Giudei”, gli offrono in dono, con l’oro e la mirra, anche l’odoroso incenso, custodito in scrigni preziosi ( Cfr Mt 2,11). 

In Gerusalemme

   Nel IV secolo dell’Era cristiana, la famosa pellegrina Egeria, così descriveva una liturgia svoltasi nel Santo Sepolcro di Gerusalemme: “Quando si sono cantati questi tre salmi e fatte queste tre orazioni, ecco che vengono portati dei turiboli all’interno della grotta dell’Anastasi, perché tutta la basilica dell’Anastasi si riempia di profumi”.[1]  
  La solenne incensazione della grotta sacra in cui Cristo è risorto, precedeva la lettura, da parte del vescovo, del Vangelo della risurrezione. L’uso dell’incenso nel Santo Sepolcro, ripropone l’immagine delle donne che portarono oli aromatici per imbalsamare il corpo del Signore e trovarono invece l’angelo che ne annunciava la gloriosa risurrezione (Cfr Mc 1,6).
   Secondo San Paolo, tutti i cristiani, con la loro testimonianza di fede, spandono nel mondo il profumo di Cristo che si è offerto al Padre “in sacrificio di soave odore”(Cfr 2Cor 2,14-16; Ef 5,2).

Liturgia celeste

   Nella Gerusalemme celeste, Giovanni vide rappresentato in modo straordinario il rituale a lui noto del Tempio di Gerusalemme, con l’offerta odorosa e incruenta dell’incenso, simbolo della preghiera adorante di tutti i redenti.
  “Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono. E dalla mano dell’angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi” (Ap 8,3-4).

L'incensazione

     “L’uso dell’incenso è facoltativo in qualsiasi forma di Messa. Si può usare l’incenso:
a)   durante la processione d’ingresso;
b)  all’inizio della Messa, per incensare l’altare;
c)   alla processione e alla proclamazione del Vangelo;
d)  all’offertorio, per incensare le offerte, l’altare, il sacerdote e il popolo;
e)   all’ostensione dell’ostia e del calice dopo la consacrazione.” (PNMR 235).
L’incensazione delle persone va intesa sempre in riferimento alla loro condizione di battezzati: figli di Dio e tempio dello Spirito Santo. Lo stesso dicasi dei defunti, i cui corpi sono stati santificati in vita dai sacramenti e attendono la risurrezione finale. 
Incensare muovendo il turibolo in forma di croce, rievoca la morte in croce del Signore; mentre l’incensazione circolare, significa che i doni e le offerte sono stati circoscritti, riservati cioè al culto divino.

Pur essendo facoltativo, l’uso dell’incenso dona solennità alle celebrazioni liturgiche e crea un clima di sacra riverenza.

venerdì 13 febbraio 2015

Abbandonarsi alla Provvidenza

Lc 12,22-31

«Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede? Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta…»

venerdì 6 febbraio 2015

Il rispetto per i più piccoli

Matteo 18,3

In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!

mercoledì 4 febbraio 2015

Non lasciarti vincere dal male - Lettera ai Romani

Rm 12,17-21


Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore. Al contrario,se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male.

mercoledì 28 gennaio 2015

Canzone di San Damiano

Ogni uomo semplice porta in cuore un sogno,
con amore ed umilta potra’ costruirlo
Se con fede tu saprai vivere umilmente
Piu’ felice tu sarai anche senza niente
Se vorrai ogni giorno con il tuo sudore
Una pietra dopo l’altra in alto arriverai
Nella vita semplice troverai la strada
che la calma donerà al tuo cuore puro.
E le gioie semplici sno le piu’ belle
Sono quelle che alla fine sono le piu’ grandi
Dai e dai ogni giorno con il tuo sudore
una pietra dopo l’altra in alto arriverai.



martedì 27 gennaio 2015

Giornata della memoria

Il mio personale contributo per ricordare...






Dal Salmo 23:


Traslitterazione della canzone:
Gam-Gam-Gam Ki Elekh
Be-Beghe Tzalmavet
Lo-Lo-Lo Ira Ra
Ki Atta Immadì
Gam-Gam-Gam Ki Elekh
Be-Beghe Tzalmavet
Lo-Lo-Lo Ira Ra
Ki Atta Immadì
Šivtekhà umišantekhà
Hema-Hema yenahmuni
Šivtekhà umišantekhà
Hema-Hema yenahmuni

(Fonte Wikipedia)
Testo ebraico:
גַּם כִּי-אֵלֵךְ
בְּגֵיא צַלְמָוֶת,
לֹא-אִירָא רָע
כִּי-אַתָּה עִמָּדִי



שִׁבְטְךָ וּמִשְׁעַנְתֶּךָ,
הֵמָּה יְנַחֲמֻנִי

Traduzione:
Anche se andassi
nella valle oscura
non temerei nessun male,
perché Tu sei sempre con me;



Perché Tu sei il mio bastone, il mio supporto,
Con Te io mi sento tranquillo.