mercoledì 31 maggio 2017

Simbolo degli Apostoli

Io credo in Dio, Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra.
E in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito di Spirito Santo,
nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato,
fu crocifisso,
morì e fu sepolto; discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo,
siede alla destra di Dio Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.

Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna.

Amen.

Symbolum Apostolicum

Credo in Deum Patrem omnipoténtem,
Creatorem caeli et terrae,
et in Iesum Christum, Filium Eius unicum, Dominum nostrum,
qui concéptus est de Spíritu Sancto,
natus ex Maria Virgine,
passus sub Póntio Piláto,
crucifixus, mórtuus, et sepúltus, descéndit ad ínferos,
tértia die resurréxit a mórtuis,
ascéndit ad caelos,
sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis,
inde ventúrus est iudicáre vivos et mórtuos.

Et in Spíritum Sanctum, 
sanctam Ecclésiam cathólicam, 
sanctórum communiónem, 
remissiónem peccatórum, 
carnis resurrectiónem,
vitam aetérnam.

Amen.

Da Wikipedia:

Il Credo o Simbolo degli apostoli (Symbolum apostolorum) è un'antichissima formula di fede della religione cristiana. Fino al XV secolo venne attribuito agli stessi apostoli.

Scritti dei secoli V e VI indicano che questa preghiera, nei primi secoli della Chiesa, era considerata talmente sacra da non poter essere neppure scritta, ma soltanto memorizzata; questo spiegherebbe la mancanza di fonti scritte dirette antiche in favore di semplici allusioni o rimandi e di una tradizione orale.

Si sa inoltre che anche nella Chiesa antica i battezzandi pronunciavano una formula di professione di fede, ma non ne abbiamo traccia scritta. Dato che non abbiamo ragione di credere che un nuovo Credo abbia sostituito quello apostolico prima del Concilio di Nicea, si può ritenere che la formula usata fosse quella riportata in questa versione.

Si trova attestato fin dal IV secolo in Ambrogio (in una lettera inviata nel 393 a papa Siricio dal Sinodo dei Vescovi tenuto a Milano) e in Rufino (in una lettera inviata intorno al 400); all'inizio del VI secolo è presentato nella sua formula definitiva da san Cesario di Arles.

lunedì 29 maggio 2017

Salve Regina

Salve, Regina,
madre di misericordia,
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A te ricorriamo,
esuli figli di Eva;
a te sospiriamo, gementi e 
piangenti in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra,
rivolgi a noi gli occhi
tuoi misericordiosi.
E mostraci, dopo questo esilio, Gesù,
il frutto benedetto del tuo Seno.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!

Salve, Regína,
Mater misericórdiae,
vita, dulcédo et spes nostra, salve.
Ad te clamámus,
éxsules filii Evae.
Ad te suspirámus geméntes et flentes
in hac lacrimárum valle.
Eia ergo, advocáta nostra,
illos tuos misericórdes óculos
ad nos convérte.
Et Iesum, benedíctum fructum
ventris tui,
nobis, post hoc exsílium, osténde.
O clemens, o pia, o dulcis Virgo María!





La "Salve Regina" è una delle 4 antifone mariane (le altre antifone mariane sono: Regina Coeli, Ave Regina Coelorum e Alma Redemptoris Mater).


L'origine della preghiera risale all'XI secolo, ma la sua composizione non è certa. La tradizione più diffusa attribuisce la stesura di quest'antifona al monaco Ermanno di Reichenau. Viene anche attribuita a papa Gregorio VII, a sant'Anselmo da Baggio (morto nel 1086), a san Pietro di Mezonzo, vescovo di Iria Flavia o, alternativamente a San Bernardo durante la sua permanenza all'eremo dei Santi Jacopo e Verano alla Costa d'acqua. Probabilmente a san Bernardo appartiene solo la composizione dell'ultimo verso "o clemens, o pia, o dulcis virgo Maria".
Alberico delle Tre Fontane attribuisce la paternità ad Ademaro di Monteil.
Nei manoscritti più antichi non compare né il "Mater", che sarebbe stato aggiunto nel XVI sec, per cui in origine era "Regina misericordiae" (com'è ancora nella versione in uso nel remoto rito mozarabico), né il "Virgo", questo però introdotto molto presto. Talora si può sentire tramandato un "vitae dulcedo", com'è cantata ad esempio alla Grande Chartreuse.
La forma attuale è stata formalizzata dall'Abbazia di Cluny nel XII secolo.

I Domenicani hanno introdotto la Salve Regina nel 1221 come inno da cantare immediatamente dopo la compieta e mentre si va in processione al dormitorio. I Cistercensi la utilizzano dal 1251. I Certosini la cantano ogni giorno, dal XII secolo, ai vespri.
Nel 1250 papa Gregorio IX la approvò e prescrisse il suo canto a conclusione della preghiera di compieta.

Tradizionalmente viene anche recitata a conclusione del rosario.

La Salve Regina è normalmente utilizzata nelle funzioni della Chiesa cattolica, in particolare nei giorni vicini alle feste dell'Assunta e della Immacolata concezione.

I dieci versi sono motivo di altrettanti capitoli dell'opera Le Glorie di Maria di Sant'Alfonso Maria de' Liguori del 1750.

Il tema musicale della forma gregoriana del testo è considerato originario dell'XI secolo e rappresenta uno degli esempi più antichi di musica sacra tuttora in uso.








venerdì 26 maggio 2017

Angelo di Dio

Angelo di Dio,
che sei il mio custode,
illumina, custodisci,
reggi e governa me
che ti fui affidato/a
dalla Pietà Celeste.
Amen.


Ángele Dei,
qui custos es mei,
me, tibi commissum
pietáte supérna,
illúmina, custódi,
rege et gubérna.
Amen.

mercoledì 24 maggio 2017

Amen

Da Wikipedia:

Amen è una parola ebraica: in ebraico tiberiense si scrive אמן (’Āmēn), in ebraico standard אמן (Amen), in arabo آمين (’Āmīn): è una dichiarazione o affermazione che si trova nell'ebraico biblico e nel Corano. È sempre stata usata nel giudaismo, e da lì è stata adottata nella liturgia cristiana come formula conclusiva per preghiere e inni.

L'avverbio ebraico אמן ámén significa soprattutto "certamente", "in verità" o meglio "così sia". Etimologicamente è connesso con il verbo אמן ámán, che significa (in forma base, cioè qal) "educare". Importanti sono però i significati derivati: nel nifal significa "esser certo, sicuro", "esser veritiero, vero", per cui anche "resistere", nella forma di hifil credere. Il sostantivo derivato אמת emet significa "ciò che è stabile e fermo", quindi "verità". In questo senso appare per esempio nel Nuovo Testamento, quando Gesù enuncia principi fondamentali, che introduce con questa parola "amen": "Amen, amen, dico a voi" - con il significato: "In verità vi dico", "Ciò che dico, è vero e certo".

Nella liturgia cristiana è usata come risposta dell'assemblea alla fine delle preghiere liturgiche: ha il significato di esprimere l'assentimento per ciò che si è detto e per augurio che la preghiera sia esaudita. Il suo significato si lega al concetto di affidamento.

Il sacerdote polacco Jarosław Cielecki ha affermato che San Giovanni Paolo II, un istante prima della morte, pronunciò questa parola con grande sforzo il 2 aprile 2005

lunedì 22 maggio 2017

Cantico di Zaccaria

Benedetto il Signore Dio d'Israele, *
  perché ha visitato e redento il suo popolo,

e ha suscitato per noi una salvezza potente *
  nella casa di Davide, suo servo,

come aveva promesso *
  per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:

salvezza dai nostri nemici, *
  e dalle mani di quanti ci odiano.

Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri *
  e si è ricordato della sua santa alleanza,

del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, *
  di concederci, liberati dalle mani dei nemici,

di servirlo senza timore, in santità e giustizia *
  al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.

E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo *
  perché andrai innanzi al Signore
    a preparargli le strade,

per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza *
  nella remissione dei suoi peccati,

grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, *
  per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge

per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre *
  e nell'ombra della morte

e dirigere i nostri passi *
  sulla via della pace.

Gloria al Padre e al Figlio *
    e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, e ora e sempre *
    nei secoli dei secoli. 

Amen


Da Wikipedia:

Nel Vangelo secondo Luca, Zaccaria era un sacerdote della classe di Abia (l'ottava delle 24 classi in cui i sacerdoti ebrei erano ripartiti). Secondo il racconto evangelico egli e sua moglie Elisabetta erano ormai di età avanzata quando Zaccaria, mentre svolgeva il suo servizio nel Tempio di Gerusalemme, ebbe la visione dell'arcangelo Gabriele, il quale gli annunciò la prossima nascita di un figlio (fino a quel momento non ne avevano avuti). Poiché Zaccaria non gli credette, per convincerlo Gabriele lo fece diventare muto fino a che il suo annuncio non si fosse adempiuto.

Otto giorni dopo la nascita del bambino, si svolse il rito della circoncisione: in questa occasione, come voleva la tradizione, veniva imposto il nome al bambino. Zaccaria, che non poteva parlare, si fece dare una tavoletta e vi scrisse il nome di Giovanni, come l'angelo gli aveva ordinato. In quel momento, essendosi compiuto l'annuncio, Zaccaria riacquistò la parola e tra la meraviglia dei presenti intonò un inno di lode a Dio, il cosiddetto Cantico di Zaccaria.

Secondo la tradizione, il villaggio in cui vivevano Zaccaria ed Elisabetta (che il vangelo non nomina, indicando solo che si trovava sulle montagne della Giudea) era l'attuale Ain Karem, ad alcuni chilometri da Gerusalemme. Qui sorgono una chiesa dedicata a san Giovanni Battista e una dedicata alla Visitazione.

venerdì 19 maggio 2017

Padre Nostro - Pater Noster

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.

Amen.


Originale greco:

Πάτερ ἡμῶν ὁ ἐν τοῖς οὐρανοῖς
ἁγιασθήτω τὸ ὄνομά σου·
ἐλθέτω ἡ βασιλεία σου·
γενηθήτω τὸ θέλημά σου,
ὡς ἐν οὐρανῷ καὶ ἐπὶ τῆς γῆς·
τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δὸς ἡμῖν σήμερον·
καὶ ἄφες ἡμῖν τὰ ὀφειλήματα ἡμῶν,
ὡς καὶ ἡμεῖς ἀφίεμεν τοῖς ὀφειλέταις ἡμῶν·
καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν,
ἀλλὰ ῥῦσαι ἡμᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ.
[Ὅτι σοῦ ἐστιν ἡ βασιλεία καὶ ἡ δύναμις καὶ ἡ δόξα εἰς τοὺς αἰῶνας·]
ἀμήν.

Traslitterazione:

Pater hēmōn, ho en tois ouranois
hagiasthētō to onoma sou;
elthetō hē basileia sou;
genethetō to thelēma sou,
hōs en ouranō, kai epi tēs gēs;
ton arton hēmōn ton epiousion dos hēmin sēmeron;
kai aphes hēmin ta opheilēmata hēmōn,
hōs kai hēmeis aphiemen tois opheiletais hēmōn;
kai mē eisenenkēs hēmas eis peirasmon,
alla rhusai hēmas apo tou ponērou.
[Hoti sou estin hē basileia, kai hē dynamis, kai hē doxa eis tous aiōnas;]
Amēn.


Traduzione latina (Vulgata):

Pater Noster qui es in cælis:
sanctificetur nomen tuum;
adveniat regnum tuum;
fiat voluntas tua,
sicut in cælo, et in terra.
Panem nostrum cotidianum
da nobis hodie;
et dimítte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus
debitoribus nostris;
et ne nos inducas in tentationem;
sed libera nos a malo.
Amen.

Da Wikipedia:

- Pane quotidiano: Il termine greco epiousion rimaneva, già per Origene, di dubbia interpretazione. Esso potrebbe essere tradotto letteralmente "supersostanziale" ("al di sopra della ousìa", dell'essenza), ma anche più semplicemente potrebbe significare "quotidiano" (la razione che sta sopra il piatto di ogni giorno). Da questa ambiguità del testo greco originale derivano le differenti traduzioni della parola nelle diverse lingue moderne. 

- Rimetti a noi i nostri debiti (pronunciato da Gesù Cristo): Siccome la preghiera chiede il perdono dei peccati, alcuni si sono chiesti se Gesù l'avesse proposta per sé stesso o per i suoi discepoli. Nel primo caso parrebbe in contrasto con il dogma della impeccabilità di Gesù, e quindi tradizionalmente l'espressione è stata interpretata come una richiesta formulata per i discepoli. Non ci indurre (inducas) in tentazione: Le traduzioni nelle varie lingue moderne non sempre rendono al meglio il significato originale di questa richiesta; in particolare la parola italiana "indurre" è un calco fedele del latino inducas, a sua volta traduzione del greco. La frase probabilmente va interpretata come: «Non permettere che cadiamo quando siamo tentati»: la preghiera chiederebbe dunque la forza necessaria per vincere la tentazione, piuttosto che di essere esentati dalla prova che, oltre tutto, giungerebbe da Dio stesso. Tuttavia il latino in-ducas e il greco eis-enenkes riflettono anche un aspetto peculiare della teologia biblica, in cui l'affermazione della unicità di Dio e della sua azione nel mondo porta alla drammatica consapevolezza che sia Dio stesso a "condurre" il credente "dentro nella prova" (come è narrato, per esempio, nel Libro di Giobbe). La versione presente nel lezionario pubblicato nel dicembre 2007 dalla Conferenza Episcopale Italiana, ispirandosi a quello che poteva essere un originale aramaico, propone la traduzione «non abbandonarci alla tentazione»[4]. Alcuni vangeli apocrifi[senza fonte] hanno un'altra forma per la frase in questione, argomentando implicitamente che Dio non può tentare i suoi fedeli. 

- Liberaci dal male: Sia il latino malo (ablativo), sia il greco ponerou (genitivo), non permettono di distinguere se si tratti di un sostantivo neutro (che si riferisca al "male" come concetto astratto) o maschile (il "maligno", cioè il tentatore, il diavolo, Satana). Entrambe le interpretazioni rimangono, dunque, legittime.


giovedì 18 maggio 2017

Signore delle Cime

di B. De Marzi

Dio del cielo, 
signore delle cime 
un nostro amico, 
hai chiesto alla montagna. 
Ma ti preghiamo, 
ma ti preghiamo 
su nel paradiso, 
su nel paradiso 
lascialo andare, 
per le tue montagne. 

Santa Maria, 
signora della neve 
copri col bianco, 
(tuo) soffice mantello 
il nostro amico 
il nostro fratello. 
Su nel paradiso, 
su nel paradiso 
lascialo andare, 
per le tue montagne. 



mercoledì 17 maggio 2017

Salmo 22 (23)

1 Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;

2 su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.

3 Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.

4 Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

5 Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.

6 Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.



 מִזְמ֥וֹר לְדָוִ֑ד יְהוָ֥ה רֹ֜עִ֗י לֹ֣א אֶחְסָֽר׃
בִּנְא֣וֹת דֶּ֭שֶׁא יַרְבִּיצֵ֑נִי עַל־מֵ֖י מְנֻח֣וֹת יְנַהֲלֵֽנִי׃
נַפְשִׁ֥י יְשׁוֹבֵ֑ב יַֽנְחֵ֥נִי בְמַעְגְּלֵי־צֶ֗֜דֶק לְמַ֣עַן שְׁמֽוֹ׃
גַּ֤ם כִּֽי־אֵלֵ֙ךְ בְּגֵ֪יא צַלְמָ֡וֶת לֹא־אִ֨ירָ֤א רָ֗ע כִּי־אַתָּ֥ה עִמָּדִ֑י שִׁבְטְךָ֥ וּ֜מִשְׁעַנְתֶּ֗ךָ הֵ֣מָּה יְנַֽחֲמֻֽנִי׃
תַּעֲרֹ֬ךְ לְפָנַ֙י׀ שֻׁלְחָ֗ן נֶ֥גֶד צֹרְרָ֑י דִּשַּׁ֖נְתָּ בַשֶּׁ֥מֶן רֹ֜אשִׁ֗י כּוֹסִ֥י רְוָיָֽה׃
אַ֤ךְ׀ ט֤וֹב וָחֶ֣סֶד יִ֭רְדְּפוּנִי כָּל־יְמֵ֣י חַיָּ֑י וְשַׁבְתִּ֥י בְּבֵית־יְ֜הוָ֗ה לְאֹ֣רֶךְ יָמִֽים׃ 







lunedì 15 maggio 2017

Preghiera del Mattino

Ti adoro, mio Dio,
e Ti amo con tuto il cuore.
Ti ringrazio d'avermi creato/a,
fatto/a cristiano/a
e conservato/a in questa notte.
Ti offro le azioni della giornata:
fa che siano conformi alla Tua santa volontà,
per la Tua maggior gloria.
Preservami dal peccato e da ogni male.
La Tua grazia sia sempre con me
e con tutti i miei cari

Amen.



venerdì 12 maggio 2017

Croce di san Benedetto

Tratto da preghiamo.org



Croce del Santo Padre Benedetto.
Non sia il demonio il mio condottiero;
la Santa Croce sia la mia luce.
Allontanati, satana!
Non mi attirare alle vanità;
sono mali le tue bevande.
Bevi tu stesso i tuoi veleni.


Crux Sancti Patris Benedicti.
Non Draco Sit Mihi Dux;
Crux Sacra Sit Mihi Lux.
Vade Retro, Satana!
Numquam Suade Mihi Vana;
Sunt Mala Quae Libas.
Ipse Venena Bibas.



giovedì 11 maggio 2017

Preghiera Semplice di San Francesco d'Assisi



Oh! Signore, fa di me uno strumento della tua pace:

dove è odio, fa ch'io porti amore,
dove è offesa, ch'io porti il perdono,
dove è discordia, ch'io porti la fede,
dove è l'errore, ch'io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch'io porti la speranza.

Dove è tristezza, ch'io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.

Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto:
Ad essere compreso, quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare
Poichè:

Se è: Dando, che si riceve:
Perdonando che si è perdonati;
Morendo che si risuscita a Vita Eterna.

Amen.

mercoledì 10 maggio 2017

Trova il tempo - Madre Teresa di Calcutta

(Iscrizione trovata sul muro della Casa dei Bambini di Calcutta.)
Trova il tempo

Trova il tempo di pensare
Trova il tempo di pregare
Trova il tempo di ridere
È la fonte del potere
È il più grande potere sulla Terra
È la musica dell'anima.

Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare ed essere amato
Trova il tempo di dare
È il segreto dell'eterna giovinezza
È il privilegio dato da Dio
La giornata è troppo corta per essere egoisti.

Trova il tempo di leggere
Trova il tempo di essere amico
Trova il tempo di lavorare
E' la fonte della saggezza
E' la strada della felicità
E' il prezzo del successo.

Trova il tempo di fare la carità
E' la chiave del Paradiso. 

giovedì 4 maggio 2017

L'Eternità di Dio secondo Sant'Agostino

Da "Le Confessioni" - Libro primo

6. 9. [...] Signore, sempre vivo e di cui nulla muore perché prima dell'inizio dei secoli e prima di ogni cosa cui pure si potesse dare il nome di "prima" tu sei e sei Dio e Signore di tutte le cose, create da te, e in te perdurano stabili le cause di tutte le cose instabili, e di tutte le cose mutabili si conservano in te immutabili i princìpi, e di tutte le cose irrazionali e temporali sussistono in te sempiterne le ragioni [...]

mercoledì 3 maggio 2017

La presenza di Dio nell'Universo secondo Sant'Agostino

Da "Le Confessioni" - Libro primo


3. 3. Ma cielo e terra ti comprendono forse, perché tu li colmi? o tu li colmi, e ancora sopravanza una parte di te, perché non ti comprendono? E dove riversi questa parte che sopravanza di te, dopo aver colmato il cielo e la terra? O non piuttosto nulla ti occorre che ti contenga, tu che tutto contieni, poiché ciò che colmi, contenendo lo colmi? Davvero non sono i vasi colmi di te a renderti stabile. Neppure se si spezzassero, tu ti spanderesti; quando tu ti spandi su di noi 12, non tu ti abbassi, ma noi elevi, non tu ti disperdi, ma noi raduni. Però nel colmare, che fai, ogni essere, con tutto il tuo essere lo colmi. E dunque, se tutti gli esseri dell'universo non riescono a comprendere tutto il tuo essere, comprendono di te una sola parte, e la medesima parte tutti assieme? oppure i singoli esseri comprendono una singola parte, maggiore i maggiori, minore i minori? Dunque, esisterebbero parti di te maggiori, altre minori? o piuttosto tu sei intero dappertutto, e nessuna cosa ti comprende per intero?