Dio è invisibile e irraggiungibile dall'intelletto. Non può essere percepito, visto o conosciuto attraverso la sensata esperienza essendo oltre lo spazio e il tempo. Qualunque descrizione sarebbe impossibile, visto che non è associabile a nulla che è creato, essendo Lui il creatore. Dunque per noi Dio è l'opera di Dio stesso. La Trinità è un modo parziale per descrivere ciò che non è possibile descrivere dalla mente umana. Dio è sia padre che madre, genitore e genitrice per amore e con amore. È il figlio che si incarna e che si manifesta. Icona del Dio invisibile. Manifesta la divinità ma anche la debolezza dell'essere umano. Si sacrifica per rinnovare l'opera generatrice e per donare la salvezza proseguendo nell'amore. È lo spirito santo. Entità vacua, indefinita, eterea ma onnipresente e onnisciente. È la manifestazione dell'opera di Dio. Dunque Dio non si vede e non si conosce, ma si è parte della sua opera e dalla sua opera traiamo la sapienza del divino. Sapienza indescrivibile, personale e intima che va oltre il qui e ora. Non è ne spazio e ne tempo. È.
Pensieri e parole di Agostino Celestino
martedì 26 maggio 2020
giovedì 26 settembre 2019
Il Rosario
Tratto
da Wikipedia
Rosario
Il
rosario (dal latino rosārium, "rosaio"; a
partire dal XIII secolo acquisì il significato religioso
indicante le preghiere che formano come una "corona",
nell'accezione latina di corōna ovvero ghirlanda, di rose
alla Madonna) è una preghiera devozionale e contemplativa a
carattere litanico tipica del rito latino della Chiesa
cattolica.
Le
sue origini sono tardomedievali: fu diffuso grazie alle Confraternite
del Santo Rosario, fondate da Pietro da Verona, santo
appartenuto all'Ordine dei frati predicatori, tanto che se ne
attribuì la nascita a un'apparizione della Madonna, con la
consegna del rosario al fondatore dell'Ordine San Domenico.
Il
primo documento ufficiale della Chiesa cattolica risale al secolo XV,
con papa Sisto IV, che nella bolla Ea quæ ex fidelium del
12 maggio 1479, afferma che la pratica del Rosario era anticamente
diffusa nelle diverse parti del mondo e, caduta in disuso, era stata
di recente ripristinata, invitando i cattolici alla recita quotidiana
del salterio mariano con le 150 salutationes, tante quante i
salmi davidici, precedendone ogni decina da un pater ed
assegnando a tale pratica varie indulgenze. A tale documento ne
seguirono altri dei successivi pontefici, in particolare la bolla con
la quale venivano stabilite le precise modalità per la recita del
rosario, fu la Consueverunt Romani Pontifices, emanata da papa
Pio V il 17 settembre 1569. Non essendo elemento
della liturgia della Chiesa cattolica, questa pratica ha
subìto notevoli varianti nel corso dei secoli.
Alla
recita del rosario è connessa la possibilità di ottenere
un'indulgenza, plenaria o parziale, alle condizioni previste dalla
Chiesa cattolica.La preghiera è destinata a ogni persona per
ottenere grazie e consolazioni per sé o per altri, per la diffusione
delle buone azioni nel mondo, per la soluzione dei conflitti
internazionali, per la conversione e la crescita spirituale. La
preghiera, sia comunitaria che da soli, nella stanza di casa o in
Chiesa, in qualsiasi momento della giornata, è un momento di
pace e serenità che distoglie dalle preoccupazioni del vivere
giornaliero, è un momento di comunicazione con la Divina
Misericordia tramite le preghiere più belle. Le grazie risultano
dall'esperienza non solo di santi e religiosi, ma anche di persone
comuni che hanno lasciato testimonianza pubblica delle grazie
ricevute richieste alla Vergine Maria.
Il
nome della preghiera indica la "corona di rose", con
riferimento al fiore "mariano" per eccellenza,
simbolo della stessa "Ave Maria".
La preghiera del
rosario è attualmente composta da 15/20 "misteri" (eventi,
momenti o episodi significativi) della vita di Cristo e
di Maria, raggruppati in "corone". Ogni corona
comprende la meditazione di cinque misteri e la recita di
cinquanta Ave Maria divise a gruppi di dieci (decine o
"poste"). Essendo facoltativi i cinque misteri aggiunti
da Giovanni Paolo II, si può affermare che la preghiera
comprende dunque quindici misteri ("misteri gaudiosi",
"misteri dolorosi" e "misteri gloriosi").
La
versione integrale e classica della meditazione prevede la
contemplazione di tutti i quindici misteri e quindi la recita, tra
l'altro, di centocinquanta Ave Maria, con l'antichissima e voluta
analogia con i centocinquanta salmi del Salterio. Dal 2002,
con l'aggiunta facoltativa dei cinque "misteri luminosi",
si contano venti "poste" per complessive duecento Avemarie. Il
conto si tiene facendo scorrere tra le dita i grani della "corona
del Rosario" o "rosario", scritto con l'iniziale
minuscola allo scopo di distinguere l'oggetto dalla preghiera.
Si
recita nella lingua corrente o in lingua latina.
Recita
del Rosario
La
versione tradizionale prevede la recita in lingua corrente o latina.
Si inizia anzitutto con il Segno della Croce, seguito
dall'invocazione: "O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto
in mio aiuto".
Viene
recitato sempre in latino quando si tratta di incontri
internazionali.
Si
recitano quindi:
-
un Credo
-
un Padre nostro
-
tre Ave Maria per chiedere di crescere nelle tre virtù teologali: fede, speranza e carità
-
un Gloria al Padre.
Si
recita quindi una corona di cinque decine, facendole
precedere dalla meditazione del mistero a cui ciascuna è
legata.
Ogni
decina è composta da:
-
un Padre nostro
-
dieci Ave Maria
-
un Gloria al Padre
-
tipicamente, dopo il Gloria, si recita anche la Preghiera di Fatima (facoltativa): «Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell'inferno e porta in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della Tua Divina misericordia» oppure, se è recitato in suffragio dei morti, il Requiem aeternam (ossia L'eterno riposo): «L'eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen».
In
alcune occasioni, specie se viene recitato con particolari intenzioni
vocazionali, per le vocazioni sacerdotali o religiose, può seguire
la seguente preghiera: "O Signore, manda santi sacerdoti e
ferventi religiosi alla tua Chiesa".
Dopo
le cinque decine si recita (o si canta):
-
un Salve Regina.
Dopo
il Rosario si recitano:
-
un Padre nostro
-
un'Ave Maria
-
un Gloria al Padre
secondo
le intenzioni del Papa.
Durante
la recita collettiva, ciascuna di queste preghiere viene eseguita in
forma responsoriale: per metà dalla persona che guida la recita, per
l'altra metà da tutti gli altri, tranne che per la preghiera di
Fatima e il Salve Regina, che vengono iniziate dalla persona che
guida la recita e proseguite da tutti.
Facoltativamente,
si recita poi una delle seguenti preghiere:
-
Litanie lauretane
-
Preghiera a san Giuseppe
-
Preghiera a san Michele
-
Preghiera al Cuore immacolato di Maria
-
Sub tuum praesidium.
Se
è presente un sacerdote, a questo punto può impartire
la benedizione. In assenza del sacerdote, si recita la formula
"Il Signore ci benedica, ci protegga da ogni male e ci conduca
alla vita eterna".
Si
termina con il segno della croce.
La
tradizione cattolica consente di aggiungere prima della fine del
Rosario qualsiasi preghiera a scelta: può trattarsi di una preghiera
ufficiale (alcuni suggeriscono di recitare l'Angelo di Dio) oppure di
un'invocazione personale.
Il
Rosario può essere recitato individualmente, ma essenzialmente e
primariamente è una preghiera comunitaria.
I
misteri
Il
Santo Rosario completo è di 15 decine in tre serie chiamate corone.
Nella forma tradizionale, si recita ogni giorno una corona
meditandone i misteri: la prima comprende i misteri gaudiosi (o della
gioia), contemplati il lunedì e il giovedì; la seconda i misteri
dolorosi (o del dolore), il martedì e il venerdì; la terza i
misteri gloriosi (o della gloria), il mercoledì, il sabato e la
domenica. Con la lettera apostolica Rosarium Virginis
Mariae del 16 ottobre 2002, Giovanni Paolo II ha
introdotto facoltativamente i misteri luminosi (o della luce), da
contemplare il giovedì, e ha definito essi come la seconda corona
del Rosario, in quanto, ripercorrendo la vita di Gesù, seguirebbero
i misteri gaudiosi e precederebbero quelli dolorosi. Secondo questa
nuova variante del Rosario, i misteri gaudiosi (o della gioia) si
contemplano il lunedì e il sabato - in quanto è accettabile l'idea
di non recitare i misteri gloriosi due giorni di seguito, facendo
però restare il sabato, come da tradizione, un giorno a forte
carattere mariano -, i misteri dolorosi sempre il martedì e il
venerdì, i misteri gloriosi il mercoledì e la domenica, mentre il
giovedì è dedicato ai misteri luminosi (invece che a quelli
gaudiosi).
-
da recitarsi il lunedì e il giovedì oppure il lunedì e il sabato
-
L'annunciazione dell'Arcangelo Gabriele a Maria Vergine
-
La visita di Maria Vergine a Santa Elisabetta
-
La nascita di Gesù
-
La presentazione di Gesù al Tempio
-
Il ritrovamento di Gesù al Tempio
Misteri dolorosi (o del dolore)
-
da recitarsi il martedì e il venerdì
-
L'agonia di Gesù nell'orto degli ulivi
-
La flagellazione di Gesù alla colonna
-
L'incoronazione di spine
-
Gesù è caricato della Croce
-
La crocifissione e la morte di Gesù
-
da recitarsi il mercoledì, il sabato e la domenica oppure il
mercoledì e la domenica
-
La risurrezione di Gesù
-
L'ascensione di Gesù al Cielo
-
La discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo
-
L'assunzione di Maria Vergine al Cielo
-
L'incoronazione di Maria Vergine
Misteri luminosi (o della luce)
-
da recitarsi facoltativamente il giovedì, in luogo dei misteri
gaudiosi
-
Il battesimo di Gesù nel fiume Giordano
-
Le nozze di Cana
-
L'annuncio del Regno di Dio
-
La trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor
-
L'istituzione dell'Eucaristia
domenica 7 aprile 2019
Laudate Dominum
Salmo
117 (116)
1
Alleluia.
Lodate
il Signore, popoli tutti,
voi
tutte, nazioni, dategli gloria;
2
perché forte è il suo amore per noi
e la
fedeltà del Signore dura in eterno.
Testo latino
Laudate Dominum omnes
gentes
Laudate eum, omnes
populi
Quoniam confirmata est
Super nos misericordia
eius,
Et veritas Domini manet
in aeternum.
Gloria Patri et Filio
et Spiritui Sancto.
Sicut erat in
principio, et nunc, et semper.
Et in saecula
saeculorum.
Amen.
|
Traduzione in italiano
Lodate il Signore,
tutti.
Lodatelo, tutti gli
uomini.
Perché egli ha
consolidato
La sua misericordia su
di noi,
E la verità del
Signore dura in eterno.
Gloria al Padre e al
Figlio e allo Spirito Santo,
Come era nel principio,
ora e per sempre,
E nei secoli dei
secoli.
Amen.
|
lunedì 1 aprile 2019
Novella
Tratto da "Vocabolario online Treccani"
novèlla s. f. [lat. pop. *novella, neutro pl. sostantivato dell’agg. novellus «novello»; il sign. 3 dal lat. tardo Novellae, agg. femm. pl. (sottint. Constitutiones)]. – 1. a. ant. Novità, fatto nuovo o insolito, in quanto sia comunicato o si venga a sapere; soprattutto in frasi di meraviglia: ora questa che n. è, che tu così tosto torni a casa stamane? (Boccaccio); come, costui dice la terra muoversi? che n. son queste? (G. Bruno). b. letter. Notizia, data o ricevuta, intorno a fatti recenti o riguardo a persone e cose per cui si ha qualche interesse: chiedere, o recare, portare novella di qualcuno; spesso al plur.: che novelle, quali n. avete o mi date di ...?; come a messagger che porta ulivo Tragge la gente per udir novelle (Dante). Specificato da un agg., al sing. o al plur.: portare buone o cattive n., liete o tristi n.; I fratelli hanno ucciso i fratelli: Questa orrenda n. vi do (Manzoni); per antonomasia, la buona n., il Vangelo, annuncio del regno di Dio (il gr. εὐαγγέλιον significa appunto «buona novella»).
La Bibbia 1
La Bibbia, dal greco antico βιβλίον, plur. βιβλία (biblìa) che significa "libri", è il testo sacro della religione ebraica e di quella cristiana.
È formata da libri differenti per origine, genere, composizione, lingua, datazione e stile letterario, scritti in un ampio lasso di tempo, preceduti da una tradizione orale più o meno lunga e comunque difficile da identificare, racchiusi in un canone stabilito a partire dai primi secoli della nostra era.
Diversamente dal Tanakh (Bibbia ebraica), il cristianesimo ha riconosciuto nel suo canone ulteriori libri suddividendo lo stesso in: Antico Testamento ( o Vecchia Alleanza), i cui testi sono stati scritti prima del "ministero" di Gesù (Nuovo Testamento) che descrive l'avvento del Messia.
La parola "Testamento" presa singolarmente significa "patto", un'espressione utilizzata dai cristiani per indicare il patto stabilito da Dio con gli uomini per mezzo di Gesù e del suo messaggio.
Esegeta ed esegesi
Tratto da "Vocabolario online Treccani"
eṡegèta (anche eṡegète) s. m. e f. [dal gr. ἐξηγητής; v. esegesi] (pl. m. -i). – Chi si occupa in modo diretto di esegesi, interprete di testi spec. giuridici o sacri; per estens., interprete di cose d’arte, critico: un esegete delle moderne musiche (D’Annunzio). Nell’antica Grecia erano così chiamati gli interpreti del diritto divino, e più tardi alcuni impiegati municipali incaricati di fare da guida ai forestieri o con altre mansioni.
eṡegèṡi (alla greca eṡègeṡi) s. f. [dal gr. ἐξήγησις, der. di ἐξηγέομαι «guidare, spiegare, interpretare»]. – Propriam., l’esposizione dichiarativa di un testo, in cui si compendia e si conclude l’attività critica dell’interprete; il termine è particolarm. usato per indicare l’interpretazione della Bibbia (v. anche ermeneutica) e, nella storia del diritto, per indicare l’attività dei glossatori (e. giuridica); con riferimento a opere letterarie, lo studio e l’interpretazione critica di un testo: e. dantesca.
eṡegèta (anche eṡegète) s. m. e f. [dal gr. ἐξηγητής; v. esegesi] (pl. m. -i). – Chi si occupa in modo diretto di esegesi, interprete di testi spec. giuridici o sacri; per estens., interprete di cose d’arte, critico: un esegete delle moderne musiche (D’Annunzio). Nell’antica Grecia erano così chiamati gli interpreti del diritto divino, e più tardi alcuni impiegati municipali incaricati di fare da guida ai forestieri o con altre mansioni.
eṡegèṡi (alla greca eṡègeṡi) s. f. [dal gr. ἐξήγησις, der. di ἐξηγέομαι «guidare, spiegare, interpretare»]. – Propriam., l’esposizione dichiarativa di un testo, in cui si compendia e si conclude l’attività critica dell’interprete; il termine è particolarm. usato per indicare l’interpretazione della Bibbia (v. anche ermeneutica) e, nella storia del diritto, per indicare l’attività dei glossatori (e. giuridica); con riferimento a opere letterarie, lo studio e l’interpretazione critica di un testo: e. dantesca.
lunedì 25 febbraio 2019
Salmo 41 - così l'anima mia anela a te, o Dio
1 Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.
2 Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
3 L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
4 Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?».
5 Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.
6 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
7 In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
8 Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
9 Di giorno il Signore mi dona la sua grazia,
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
10 Dirò a Dio, mia difesa:
«Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?».
11 Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: «Dov'è il tuo Dio?».
12 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
2 Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
3 L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
4 Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: «Dov'è il tuo Dio?».
5 Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.
6 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
7 In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
8 Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
9 Di giorno il Signore mi dona la sua grazia,
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
10 Dirò a Dio, mia difesa:
«Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?».
11 Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: «Dov'è il tuo Dio?».
12 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
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